la nascita delle tifoserie organizzate nel mondo ed in Italia

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StabiaFans1986
CAT_IMG Posted on 28/2/2011, 16:24




fonte : la padova bene...

Un tempo in Italia non esisteva il cosidetto “tifo organizzato”, ma il pubblico era ugualmente caldo ed appassionato. Spesso le partite finivano in rissa o venivano addirittura sospese per le interperanze del pubblico. Oggi molti ricordano di quanto era bello andare allo stadio la domenica con la famiglia tutti insieme, ma molti hanno la memoria corta e ricordano solo ciò che gli fa comodo. Per esempio, nel lontano 1926 il Calcio Padova si beccò una multa di cinquemila lire inflitta dal Direttorio delle divisioni superiori per il “contegno scorrettissimo del pubblico in confronto dell’arbitro e per l’inerzia dei dirigenti nel frenare le intemperanze del pubblico”. Sempre in quel periodo ci furono delle interperanze dopo un Petrarca-Bentegodi Verona con i tifosi ed i dirigenti veronesi costretti a rinchiudersi nella Caserma dei Carabinieri in Prato della Valle e questi ultimi costretti a sparare dei colpi di pistola in aria per disperdere la folla inferocita. Parliamo di Padova, la mia città, cito episodi che conosco di una piccola città di provincia. Potete immaginarvi come questi episodi in piazze più grandi e più calde fossero tutt’altro che occasionali. Ma non esistevano i club organizzati di tifosi, e men che meno gli ultras: era semplicemente una violenza spontanea, che poteva scaturire da errori arbitrali, da atteggiamenti provocatori dei giocatori in campo, da una sconfitta mal digerita… Qui a Padova già negli anni ’30 esisteva un club di tifosi “organizzati”, col nome che era tutto un programma (“La Rumorosa”) e la sede al Bar Missaglia o alla Birreria Pilsen in Piazza Spalato (oggi Piazza Insurrezione), ma la seconda guerra mondiale calmò per un pò i “bollenti spiriti”… Fu nell’immediato dopoguerra, nella voglia di rinascita che attraversava l’Italia di allora, che cominciò a muoversi qualcosa: la “partita della domenica” divenne sempre più un evento, e qualcuno cominciò a pensare di dare un organizzazione vera e propria ai gruppi di tifosi che si muovevano. In questo contesto nacquero i Fedelissimi del Torino, anno 1951, tutt’oggi considerati i capostipiti del tifo organizzato come è inteso oggi. Ma qualcosa si mosse anche a Milano, sponda nerazzurra, per mano di Helenio Herrera: il “mago” credeva molto nel sostegno della tifoseria, sulla base della sua esperienza nel calcio argentino, e cominciò a far pressione sulla società di Angelo Moratti affinchè creasse dei gruppi di tifosi che incitassero la squadra con canti e slogans. Nacquero così i “Moschettieri” prima e gli “Aficionados” poi, antenati dei futuri Boys SAN. Siamo all’inizio degli anni ’60, il tifo è ancora molto ruspante e lontano da come lo intendiamo oggi…



Anni '70: Ultras Tito a Milano
In quel decennio il mondo giovanile prende sempre più coscienza di se stesso, i ragazzi diventano ribelli, refrattari alle regole, agli schemi imposti dai loro genitori. Possiamo discutere finchè si vuole su quel periodo, ma credo sia innegabile il fatto che cambiò per sempre la prospettiva del mondo e della vita da parte dei giovani italiani… cambiamenti che cominciano a vedersi anche allo stadio: sempre più giovani entrano a far parte della vita organizzata dei vari club, tanto che in quel periodo i Fedelissimi del Toro danno vita a una loro sezione giovanile: i Commandos Fedelissimi. Ma solo nel 1968 arriva la svolta, che parte ancora da Milano, questa volta sponda rossonera: un gruppo di ragazzi comincia a riunirsi nell’allora rettilineo di San Siro (non vorrei dire una cazzata, ma dovrebbe corrispondere all’attuale “secondo anello rosso”. Tenete presente che a quei tempi non esisteva il terzo anello nello stadio milanese!) e fonda la Fossa dei Leoni, prendendo il nome dal vecchio campo d’allenamento del Milan. La Fossa da allora viene considerata (fino al giorno dello scioglimento) capostipite di tutti i gruppi ultras, ma va detto che nel 1968 ancora non esisteva il concetto di “ultras” come lo intendiamo oggi: si trattava per lo più di club giovanili di tifosi, spesso staccatisi dai club “più grandi” come già spiegato. Naturalmente i cugini non stanno a guardare ed un anno più tardi nascono i Boys-Furie Nerazzurre che qualche anno dopo cambieranno nome in Boys-SAN (Squadre d’Azione Nerazzurre). Nello stesso anno a Genova i tifosi della Sampdoria fondano il Sampdoria Club Tito Cucchiaroni, la cui ala più giovane si fa chiamare “Ultras”, che non sarebbe altro che l’acronimo di una scritta che all’epoca “spadroneggiava” sui muri del quartiere genovese di Sampierdarena (Uniti Legneremo Tutti i Rossoblù A Sangue, le cui iniziali formano appunto la parola ULTRAS). Con buone probabilità i sampdoriani sono stati la prima tifoseria organizzata ad utilizzare il termine “Ultras”. Non ne posso essere sicuro, in quanto anche gli Ultras Granata rivendicano la paternità del nome: al termine di un Torino-Varese del 1971 infatti si verificarono gravi incidenti, con l’arbitro che venne inseguito fino all’aeroporto dai tifosi inferociti. Il giorno dopo, nel descrivere i tafferugli, un giornalista bollò i tifosi incazzati con il termine “ultras“, che in Francia veniva utilizzato spesso per identificare gli estremisti politici. Il termine piacque molto ai giovani del Commandos Fedelissimi che due anni dopo, in posizioni di contrasto verso la tifoseria in occasione dell’esonero dell’allenatore granata Gustavo Giagnoni, decisero di adottare il nome di Ultras Granata, proprio per distinguersi dal resto del club. Ad ogni modo, qualcosa era cambiato, decisamente.


Atalanta-Toro, 1978
Nel 1971 a Verona nascono le Brigate Gialloblù, infrangendo di fatto un “tabù” che fino a quel momento vedeva la nascita di gruppi “ultras” giovanili solo nelle grandi città… Un’idea controcorrente per una tifoseria che più di ogni altra (insieme ai romanisti) influenzerà in futuro il modo di tifare. A Roma cominciano a vedersi i primi gruppi all’inizio degli anni ’70: Centurioni, Boys e Fedayn (questi ultimi due ancora attivi) da parte giallorossa e Commandos Monteverde Lazio da parte biancazzurra; ma un’organizzazione vera e propria è ancora lontana da venire. Fra il 1973 ed il 1977 il fenomeno esplode definitivamente, sia nelle squadre di grandi città o di piazze rinomate (Genova sponda rossoblù con la Fossa dei Grifoni, Torino sponda Juve con la Gioventù Bianconera ed i Venceremos, Bologna con i Forever Ultras) che nei piccoli centri (Bergamo, Alessandria, Modena, Reggio Emilia, Cesena, La Spezia, Vicenza, Padova, Trieste…). Si tratta però di un fenomeno particolarmente radicato al Nord, quasi nullo al Sud: nel meridione infattie solo verso la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 comincerà a vedersi un certo “fermento giovanile” anche da quelle parti… Va detto che grazie allo spirito caldo e battagliero dei meridionali le tifoserie del Sud ci metteranno poco a colmare il gap che le divide da quelle del Centro-Nord, anche se per molti anni il pericolo maggiore nel recarsi in trasferta nei campi del mezzogiorno non saranno tanto gli ultras quanto gli abitanti stessi del luogo!


"Verona Club Brigate Gialloblù" a Roma negli anni '70
In quel periodo quasi tutti gli ultras, pur nascendo spesso e volentieri da scissioni con altri club di tifosi, aderiscono per comodità (maggior facilità a reperire i pullman per le trasferte, uno dei primi motivi) ai locali Centri di Coordinamento, organizzazioni all’interno delle quali, tuttavia, dureranno poco, ma cominciano altresì a segnare il territorio a proprio modo: quasi tutti prendono posto nei settori più “popolari” ed economici degli stadi (le curve, o negli stadi all’epoca ancora sprovvisti di curva, i rettilinei e le gradinate) e cominciano a darsi una gerarchia ed uno stile “militare” (dovete sempre tenere presente che parliamo degli anni ’70). L’abbigliamento che va per la maggiore è rappresentato da tute mimetiche, baschi, sciarponi di lana fatte a mano con i colori sociali della squadra, eskimi… e sempre più spesso gli “accessori” preferiti diventano catene, chiavi inglesi, pistole lanciarazzi, caschi da motociclista! Si cominciano a confezionare i primi striscioni, che rappresentano il nome del club e di fatto diventano la prima e più importante forma di “demarcazione” del territorio, un’autentica “icona” nell’immaginario collettivo degli ultras… Per la verità i primi striscioni sono piuttosto raffazonati e senza troppe pretese, ma tutti rigorosamente con i colori sociali, il nome del gruppo (dipinto a mano o cucito spesso con lettere squadrate) ed il simbolo: negli anni ’70 quelli che andavano per la maggiore erano stelle a cinque punte (pure gli “Ultras” ed il “Magico Padova” negli anni ’70 ce l’avevano…) e teschi, ma anche chiavi inglesi, spade, aquile… Anche gli slogans, che fino a quel periodo erano stati molto “ruspanti” e raramente andavano oltre il nome della squadra ritmato, diventano parte integrante del “bagaglio” dei nuovi club giovanili, veri e propri canti ripresi dalla politica o dalla tradizione musicale italiana e non. A qualche osservatore esterno non sfuggiranno le analogie politiche con l’epoca, ed in qualche maniera potremmo dire che gli ultras di fatto “sono nati con la politica”, ma forse quest’affermazione non è del tutto esatta: si tratta in realtà di una nuova forma di aggregazione che parte da fuori lo stadio; dalla piazza o dalla sede di partito, ma anche dai quartieri più degradati e dalle periferie dove in quegli anni si respira un forte senso di rivincita e di riscatto sociale. I nuovi giovani tifosi cercano nella fede per la squadra una forma di lotta, portando in pratica all’interno delle gradinate quella che era la vita di tutti i giorni.



Roma, 9 gennaio 1977: la nascita del più grande, fedele e combattivo gruppo ultrà
Cominciano a comparire anche i primi fumogeni sugli spalti (che all’epoca non erano in vendita ma venivano trafugati dai magazzini delle stazioni o direttamente dai treni prima che qualcuno decidesse di metterli sottoschiave), ma soprattutto cominciano a vedersi i primi scontri fra tifoserie non legati direttamente all’andamento della partita: succede spesso negli anni ’70 che i tifosi delle due squadre siano mischiati sugli spalti in quanto non esistono ancora i settori ospiti, ed ancora più spesso proprio nelle curve si trovino gomito a gomito le due tifoserie con conseguenze ovvie! Gli ultras sviluppano un forte “senso del territorio”, rappresentato dalla curva o dal settore in cui usano ritrovarsi, che non è nulla di diverso dal concetto di territorio che hanno le bande giovanili o le compagnie di ragazzi nei quartieri cittadini: la curva (o il settore occupato) è casa propria, e non sono gradite incursioni da parte di tifosi ospiti fastidiosi e rumorosi! Lo imparano sulla propria pelle i napoletani che vengono cacciati a forza dalla Curva Fiesole di Firenze… Ma non è solo una questione di territorio, in quegli anni c’è anche molta politica e soprattutto molta voglia di confrontarsi e, perchè no, di “mostrare i muscoli”, far vedere chi è il più forte: sono “politici” gli scontri che nel 1976 vedono contrapposti veronesi e bolognesi, dopo che questi ultimi si sono presentati al Bentegodi (in una città “nera” ed in netta controtendenza per l’epoca…) con bandiere dell’allora PCI e cantando canzoni comuniste… al contrario la politica non centra proprio nulla nel 1978, quando gli Ultras Granata del Toro si presentano a Bergamo di buon mattino lasciando scritte sui muri ed infastidendo i passanti: gli atalantini non la prendono bene e si scatenerà un autentico pomeriggio di guerriglia, con sprangate e lancio di razzi sugli spalti! Ormai è chiaro a tutti che le rivalità fra tifoserie hanno travalicato quello che è l’andamento della partita, ed alcune società corrono ai ripari (tardivamente) assegnando una delle due curve dello stadio ai tifosi ospiti… Chi ha vissuto gli anni ’70 sicuramente non ha dimenticato lo stato di tensione che attanagliava ogni singola giornata. La politica era un vero e proprio collante, un ideale che portava allo scontro ed al compimento di vere e proprie stragi ed attentati (mentre oggi, per la maggior parte dei casi, definirsi di destra o di sinistra è più che altro una moda…); per le strade, nelle università, sul lavoro i contrasti di natura politica finivano spesso molto male… In questo contesto nacquero gli ultras, e non è da escludere che a qualche Ministro ed a qualche Questore la cosa non abbia fatto piacere: certo, era molto più facile incanalare il disagio sociale dentro la curva di uno stadio e lasciare che trovasse sfogo nel contesto calcistico, piuttosto che lasciarlo libero per le strade con conseguenze facilmente immaginabili… D’altro canto è chiaro che i primi gruppi ultras avessero una forte connotazione politica (per la maggior parte a sinistra, poiché questa era la “colorazione” della maggior parte dei giovani italiani in quel periodo), ma che tendevano a separare da ciò che era la fede calcistica. Col tempo l’ideologia politica comincerà piano piano a sparire dalle curve, anche se nei vari striscioni teschi, spade e stelle a cinque punte rimarranno ancora per molti anni, svuotati dal loro significato “politico” e visti più come il logo del gruppo.



Commandos Tigre a Verona, anni '70
Nella seconda metà degli anni settanta si contano già diversi gruppi ultras nelle maggiori città del Centro-Nord; ed all’interno di molte tifoserie i vari gruppi arrivano ad unirsi dietro un’unica insegna, una sorta di “Centro di Coordinamento degli ultras” se mi passate il termine: unire le forze per il bene della tifoseria stessa. Con questo sistema gli ultras del Toro, al tempo tifoseria molto temuta, invidiata ed imitata da tutti, avevano dato vita agli “Ultras Granata-Maratona club Torino” qualche anno prima… Con questo sistema, qualche anno più tardi anche i romanisti deideranno di seguire l’esempio: “In quegli anni l’Olimpico era un brulicare di gruppetti e compagnie di quartiere, tutti molto validi, ma poco organizzati e poco numerosi. Nel 1977 tutti questi gruppetti decisero di unire le forze, per dar vita al più grande, il più fedele, il più combattivo gruppo ultrà (Dalle parole di un ultras romanista dell’epoca)”. Nacque così il Commando Ultrà Curva Sud, che negli anni a seguire rappresenterà un vero e proprio punto di riferimento per l’interno movimento ultras italiano, prontissimo a copiarne i cori e le gesta. Di lì a poco anche i cugini laziali seguirono quest’idea (“Eagles Suporters”, 1979). Sul finire degli anni ’70 gli ultras prendono sempre più piede, e gli scontri fra tifoserie aumentano: non esistono ancora negli stadi i famigerati “settori ospiti” (a parte l’accortezza di alcune società di dividere le due tifoserie fra le due curve, ma parliamo sempre di divisioni sommarie in stadi che molto spesso non avevano nemmeno i divisori fra un settore e l’altro!), figuriamoci le scorte per le trasferte! Uno degli “sport” preferiti dell’epoca è quello di invadere la curva degli avversari, occupandone il territorio e strappandone gli striscioni; riadattamento di una tradizione molto in voga in Gran Bretagna in quel periodo fra le bande di hooligans, il “Take the end”, che consisteva nel mischiarsi ai tifosi avversari per poi colpirli a tradimento e conquistarne la curva. Sempre in quel periodo, tuttavia, cominciano a nascere le prime alleanze fra opposte tifoserie, quelle che di li a qualche anno prenderanno il nome di “gemellaggi”: altro non sono che l’unione di due o più tifoserie verso una squadra nemica in comune. Ad esempio, l’odio comune per la Juve porterà viola e granata a stringere uno storico rapporto d’amicizia.È curioso notare come molti dei rapporti di amicizia nati in quegli anni nel tempo si deterioreranno, trasformandosi in feroci rivalità. Esempi più clamorosi? Juve-Roma-Atalanta, Toro-Lazio, Verona-Roma, Milan-Genoa… Dal canto loro i bianconeri si uniranno ai bergamaschi, dal 1978 nemici giurati del Toro.



Sambenedettesi al vecchio stadio "Ballarin"
Le tifoserie italiane degli anni ’70 sono una via di mezzo fra le “torcidas” sudamericane (per via del tifo ruspante e caloroso) ed i “mob” inglesi (per via della violenza e degli scontri che si fanno via via sempre più feroci); e proprio questa morbosa ammirazione per gli hooligans porterà in quel periodo alcuni esponenti delle Brigate Gialloblù di Verona ad una serie di viaggi oltremanica, per seguire da vicino le gesta degli “Head Hunters” del Chelsea. Un fattore questo che nel corso del decennio successivo condizionerà non poco la storia degli ultras scaligeri…Gli anni ’70 si chiudono con una tragedia: il 28 ottobre 1979, pochi minuti prima del derby fra Roma e Lazio, un razzo sparato dalla curva giallorosa colpisce in pieno volto Vincenzo Paparelli, tifoso laziale appostato in Curva Nord, uccidendolo. L’intera giornata sarà funestata da gravi incidenti: nella stessa domenica scontri fra opposte tifoserie anche prima, durante e dopo Ascoli-Bologna e Brescia-Como. Il mondo del calcio si sveglia sotto chock, chiedendosi il perché di tante cose… Forse il fenomeno era stato sottovalutato, forse gruppi estremistici finanziavano i tifosi più giovani, forse a qualcuno faceva comodo che le cose andassero così, forse… Alla fine, dopo tante parole, il governo se ne esce con la proposta di vietare striscioni riportanti nomi, slogan e simboli che possano in qualche maniera inneggiare alla violenza. Ne farà le spese il C.U.C.S Roma, costretto per qualche anno a cambiare nome in “I Ragazzi della Sud”, ne faranno le spese pochi altri gruppi in Italia. Alla fine non cambierà proprio nulla, se non che l’Italia per la prima volta si interroga sul problema della violenza negli stadi, e per la prima volta il nome degli ultras balza agli “onori” delle cronache; tanto da ispirarne un libro, il primo libro sul tifo organizzato che uscirà di li a pochi mesi: “Ragazzi di Stadio” di Daniele Segre… Per la cornaca: dopo molti anni l’intero mondo del calcio si dimenticherà di Vincenzo Paparelli, della sua famiglia, e di tutte le promesse fatte sul momento; gli unici che manterranno la promessa fatta di onorarne la memoria e di un fattivo appoggio alla famiglia saranno proprio un gruppo ultras, un gruppo di appartenenti a quella categoria che lo aveva ucciso: gli Irriducibili Lazio (questa comunque è un’altra storia…)!

a questa allego le immagini di alcuni gruppi inglesi :

head hunter chelsea
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Millwall Bushwackers
(coloro che hanno coniato la frase : nessuno è come noi!)
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West Ham I.c.f.
(inventarano i biglietti post pestaggi con su scritto colpimenti hai conosciuto gli I.c.f.)
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liverpool urchins
(crew da cui i Paganesi hanno cpoiato il nome , per intenderci sono quelli che hanno recentemente paliato i napoletani)


Tottenham (yid army)



 
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StabiaFans1986
CAT_IMG Posted on 28/2/2011, 16:44




Tartan Army (tifosi della nazionale scozzese)
il nostro coro "gli stabiesi sono qua" viene da questa Loro canzone



sentite che cori !

 
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1 replies since 28/2/2011, 16:21   1172 views
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